Il canto (quasi) naturale

Per molti cantanti e insegnanti il canto è una “costruzione”, ovvero qualcosa di diverso dal parlato. Stanno sorgendo, per contro, alcune scuole che promettono un canto “naturale”. Potremmo dire che le posizioni sono entrambe errate, anche se i secondi possono essere preferibili, perché almeno eviteranno di riempire la testa dei loro allievi di assurdità; però difficilmente potranno ottenere risultati realmente importanti, perché il canto non è naturale, o per meglio dire, lo è POTENZIALMENTE. L’istinto di conservazione e difesa della specie è nemico del canto, perché tenta di commutare alcune sue funzioni vitali, e in particolare la respirazione. Assecondare la natura, evitando ogni sforzo, è sicuramente giovevole, ma cosa succede quando si cerca di dare corpo al suono, cioè pienezza, intensità, volume, e soprattutto quando si prova a fare questo nel settore acuto? Il diaframma reagirà al peso imposto sollevandosi con forza e provocando lo spoggio del suono. Se si assecondasse questa tendenza si otterrebbero pessimi suoni, non adatti a un canto lirico accettabile; non volendolo, si cercherà un qualche modo per impedire il sollevamento del diaframma, e si ricorrerà quindi a sistemi quali la chiusura della glottide (ingolamento) o la compressione della laringe. Ovviamente il risultato sarà, nel migliore dei casi, comunque mediocre. Questa scuola possiede gli elementi per “domare” la reazione istintiva e giungere quindi a un’emissione realmente naturale, cioè recuperando la naturalità che è già potenzianalmente in ognuno di noi.